Care Impertinenti,
oggi la nostra Penelope ci parla di FURORE di John Steinbeck, edito Bompiani.

Genere:
Narrativa
Casa editrice: Bompiani
Data di Uscita: 2013
Prezzo: € 8.99

Trama: Il più americano dei classici americani. Vincitore del National Book Award e del Premio Pulitzer.

«Tra i dieci migliori libri del XX secolo» – Le Monde

Pietra miliare della letteratura americana, Furore è un romanzo pubblicato negli Stati Uniti nel 1939 e coraggiosamente proposto in Italia da Valentino Bompiani l'anno seguente. Il libro fu perseguitato dalla censura fascista e solo ora, dopo più di 70 anni, vede la luce la prima edizione integrale, nella nuova traduzione di Sergio Claudio Perroni. Una versione basata sul testo inglese della Centennial Edition dell'opera di Steinbeck, che restituisce finalmente ai lettori la forza e la modernità della scrittura del Premio Nobel per la Letteratura 1962. Nell'odissea della famiglia Joad sfrattata dalla sua casa e dalla sua terra, in penosa marcia verso la California, lungo la Route 66 come migliaia e migliaia di americani, rivive la trasformazione di un'intera nazione. L'impatto amaro con la terra promessa dove la manodopera è sfruttata e mal pagata, dove ciascuno porta con sé la propria miseria "come un marchio d'infamia". Al tempo stesso romanzo di viaggio e ritratto epico della lotta dell'uomo contro l'ingiustizia, Furore è forse il più americano dei classici americani, da leggere oggi in tutta la sua bellezza.

Ci sono libri che attraverso le vicende narrate ti insegnano la Storia. Libri che ti lacerano l'anima. Ci sono romanzi che ti fanno viaggiare lungo strade lontane, completamente immersi nella vita di uno sconosciuto, seduti al suo fianco, guardando il Sole morire. Pagine che ti raccontano l'inizio di un sogno, l'evolversi di un destino, la tenacia di una vita. Di tante vite, appese insieme ad un'unica speranza. Libri che quando terminano ti lasciano orfano. 

Poi un giorno ti trovi a fissare l'ultima pagina di "Furore". 

Capisci in quel momento che sei stato partecipe di tutto questo messo insieme dentro un'unica opera letteraria, sei stato complice di un pezzo di Storia, hai temuto di non farcela a superare il deserto quella notte, hai seppellito la tua dignità, ti sei sentito affamato, hai avuto paura di non farcela questa volta. Un pezzo di pane sarebbe bastato. Ma per l'ennesima volta ritrovi le forze per stare in piedi e, Dio solo sa, se quelle forze le manterrai a sufficienza per arrivare fino alla fine. Ad una fine ci arrivi, il come ancora non puoi dirlo con chiarezza, sei debilitato, sei cambiato. Erano inizialmente dodici, un predicatore e un cane. A fine libro saranno migliaia. Una famiglia che muta si perde, muore e rinasce.

Questo sarà per me un ricordo indelebile, l'aroma del caffè ogni mattina, immancabile. Il bagno al fiume, rigenerante. La tristezza e lo sconforto. La gioia di vedere la vallata verde e infinita, indescrivibile. Le palpitazioni durante la fuga dalla coltivazione di cotone, tachicardica. La stretta al cuore degli addii, esacerbante. La forza di volontà, la condivisione, il soccorso e la certezza che insieme niente è perduto. Un romanzo storico che doveva per forza essere un Nobel. L'immensa capacità di Steinbeck di raccontare la vita vera. Con umiltà e rispetto e intelligenza.


«(...) Mi sa che la nostra vita è bell'e finita.»
«Macché finita,» disse Ma' con un sorriso. «Non è finita per niente Pa'. E c'è una un'altra cosa che sanno le donne. Me ne sono accorta. Per l'uomo la vita è fatta a salti: se nasce tuo figlio e muore tuo padre, per l'uomo è un salto; se ti compri la terra e ti perdi la terra, per l'uomo è un salto. Per la donna invece è tutto come un fiume, che ogni tanto c'è un mulinello, ogni tanto c'è una secca, ma l'acqua continua a scorrere, va sempre dritta per la sua strada. Per la donna è così ch'è fatta la vita. La gente non muore mai fino in fondo. La gente continua come il fiume: magari cambia un po', ma non finisce mai.»



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