Oggi il nostro cinefilo impertinente ci parla di LE STRADE DEL MALE, con Tom Holland, Robert Pattinson, Bill Skarsgård, Riley Keough, Jason Clarke, Sebastian Stan, Haley Bennett, Harry Melling, Eliza Scanlen, Mia Wasikowska, adattamento cinematografico del romanzo omonimo del 2011 scritto da Donald Ray Pollock, disponibile su Netflix.
Genere: Drammatico, Thriller
Regia: Antonio Campos
Soggetto: dal romanzo di Donald Ray Pollock
Sceneggiatura: Antonio Campos, Paulo Campos
Regia: Antonio Campos
Soggetto: dal romanzo di Donald Ray Pollock
Sceneggiatura: Antonio Campos, Paulo Campos
Distribuzione in italiano: Netflix
Fotografia: Lol Crawley
Montaggio: Sofía Subercaseaux
Effetti speciali: Djuna Wahlrab
Musiche: Danny Bensi, Saunder Jurriaans
Scenografia: Craig Lathrop
Costumi: Emma Potter
Trucco: Ann-Maree Hurley
Attori: Tom Holland, Bill Skarsgård, Riley Keough, Jason Clarke, Sebastian Stan, Haley Bennett, Harry Melling, Eliza Scanlen, Mia Wasikowska, Robert Pattinson, Douglas Hodge, Kristin Griffith, Pokey LaFarge
Anno: 2020
Paese: USA
Fotografia: Lol Crawley
Montaggio: Sofía Subercaseaux
Effetti speciali: Djuna Wahlrab
Musiche: Danny Bensi, Saunder Jurriaans
Scenografia: Craig Lathrop
Costumi: Emma Potter
Trucco: Ann-Maree Hurley
Attori: Tom Holland, Bill Skarsgård, Riley Keough, Jason Clarke, Sebastian Stan, Haley Bennett, Harry Melling, Eliza Scanlen, Mia Wasikowska, Robert Pattinson, Douglas Hodge, Kristin Griffith, Pokey LaFarge
Anno: 2020
Paese: USA
Sinossi: Alcune persone sono nate per essere sepolte. A Knockemstiff (Ohio, USA) e nelle zone boschive circostanti, alcuni loschi personaggi, tra cui un predicatore diabolico, una coppia inquietante e uno sceriffo disonesto, incombono sul giovane Arvin Russell quando si oppone alle forze del male che minacciano la sua famiglia.
Arvin Russel è un ragazzino dalla vita davvero difficile, nasce in un piccolo paese dell’Ohio dove, fin da subito e per anni, la sua famiglia viene considerata forestiera e trattata di conseguenza. Il padre, ultracattolico, lo obbliga a pregare costantemente, insegnandogli anche che l’unico modo per rispondere alla violenza è la violenza stessa. Quando la madre si ammala di cancro, per Alvin inizia un calvario lungo una vita intera.
E qui inizia la parte interessante. Il film credo si possa assestare tranquillamente sul genere “ma quanto si può esser sfortunati nella vita?”. Sappiate che, dopo averlo visto, posso serenamente affermare che il nuovo tetto di sciagura massimo sia il livello Alvin «ho avuto una sfiga oggi, guarda, mi sono sentito Alvin»; non ci può essere nulla di peggio. Sì, perché credo che persino per uno sceneggiatore, o in questo caso uno scrittore (essendo il film tratto da un libro), sia difficile riuscire ad immaginare uno scenario più complicato per un proprio personaggio. Il ragazzo, infatti, incorre in tutta una serie di problematiche che avrebbero facilmente sconfortato ogni altro essere vivente sulla faccia della terra.
La trama è molto articolata, ma decisamente ben gestita, e nonostante ci sia una quantità enorme di carne sul fuoco, alla fine in un modo o nell’altro tutto torna al suo posto. Un lavoro davvero niente male. Una piccola parentesi, però, la meritano anche i vari personaggi. La storia viene raccontata attraverso gli occhi dei protagonisti, lungo un arco temporale di ben vent’anni. Questo tipo di lavoro richiede un’attenzione particolare all’evoluzione dei personaggi sia fisica che, soprattutto, caratteriale. Nessuno passa indenne attraverso due decenni, e qui, questa parte, è rappresentata davvero bene.
Il cast ingaggiato è qualcosa di decisamente insolito anche per un big come Netflix. Qui, infatti, non ci troviamo davanti a un paio di volti noti, ma ad una intera compagnia di giganti del cinema. Potremmo stare a parlarne per ore, ma non voglio tediarvi con considerazioni personali. Un paio di cose però devo assolutamente dirle. Robert Pattinson qua è fantastico, prende un personaggio viscido e opportunista come il pastore, e lo fa diventare talmente antipatico da essere iconico. Non credo sia facile riuscire in quello che ha fatto perché, in ogni scena, anche quando sta semplicemente dicendo messa, si riesce a intuire un frammento della sua personalità narcisista, in modo però così sottile che inizialmente non si riesce a percepire il vero livello di depravazione di cui quell’uomo è capace. Davvero un ottimo lavoro. Trovo che anche Sebastian Stan interpreti un ruolo interessante: uno sceriffo non proprio ligio al dovere, ma a cui riesce a dare spessore rendendo molto bello anche un personaggio secondario. L’unica pecca nel suo lavoro è stata nel comparto del trucco. Io non so cosa gli abbiano messo in bocca per allargargli la forma della mandibola, ma sembra davvero la caricatura riuscita male di Marlon Brando ne Il Padrino.
La regia è affidata ad Antonio Campos, che si ritrova fra le mani una pellicola per nulla facile, intrisa di flashback, cambi di scena, trame e sottotrame che si muovono parallele. Insomma, un mappazzone sicuramente non facile da sbrogliare. Lui però riesce a dargli un senso, e lo fa in modo sublime. Nonostante il caos di una storia come questa, la sua regia è pulita, le scene ben montate e il risultato è che non si perde mai il filo del discorso riuscendo a seguire egregiamente tutti i giocatori in campo.
Per tirare le somme: una buona trama, un po’ particolare ma valida, ottimi attori e una regia professionale, rendono LE STRADE DEL MALE un ottimo prodotto sul catalogo di Netflix. E ne sono proprio contento, era ora che anche l’emittente statunitense producesse qualcos’altro davvero di livello.
Considerazione spiccia: mi rendo conto che il film sia questo e che non potrebbe essere diverso da così ma nonostante tutto, però, la sfiga di questo ragazzo è davvero qualcosa che esula dai canoni standard di tutti noi. A volte mi sento sfortunato quando mi si fulmina un fanale dell’auto mentre sono in giro di notte, oppure ho un calo di tensione durante una cottura di dodici ore nella slow cooker, ma sto ragazzo le batte davvero tutte. È come un magnete per le calamità, e mi sono trovato più volte a pensare “ok, qui però si sta esagerando”, arrivando al punto di applicare la classica legge del “tanto vedrai che, sfigato com’è, adesso gli succede questo” e ogni volta ci azzeccavo. Trovo che questo però rovini un po’ la pellicola, togliendole l’elemento di sorpresa che dovrebbe avere. Capisco la sfiga, ma così facendo diventa un un pochino scontato.
Voto: 4
L’amichevole GM di quartiere.
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