Oggi il nostro cinefilo impertinente ci parla di L'ARTE DI VINCERE, film diretto da Bennett Miller, basato sul libro Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game di Michael Lewis, con Brad Pitt e Jonah Hill, disponibile su Netflix.
Genere: Drammatico, Sportivo, Biografico
Regia: Bennett Miller
Soggetto: Michael Lewis (libro), Stan Chervin
Sceneggiatura: Steven Zaillian, Aaron Sorkin
Produttore: Michael De Luca, Rachael Horovitz, Brad Pitt
Fotografia: Wally Pfister
Montaggio: Christopher Tellefsen
Effetti speciali: Robert Cole
Musiche: Mychael Danna
Scenografia: Jess Gonchor
Costumi: Kasia Walicka-Maimone
Attori: Brad Pitt, Jonah Hill, Philip Seymour Hoffman, Robin Wright, Chris Pratt, Stephen Bishop, Reed Diamond, Brent Jennings, Ken Medlock, Tammy Blanchard, Jack McGee, Vyto Ruginis, Nick Searcy, Glenn Morshower, Casey Bond, Nick Porrazzo, Kerris Dorsey, Spike Jonze
Anno: 2011
Paese: USA
Sinossi: Assunto come general manager della squadra di baseball degli Oakland's Athletics, Billy Beane cerca in un complesso sistema computerizzato d'analisi statistica, il modo di trovare i giocatori migliori da mettere sotto contratto e da schierare. Per tornare finalmente a vincere.
Al termine della stagione 2001 gli Oakland Athletics vengono sconfitti dai New York Yankees perdendo la possibilità di partecipare alle World Series, inoltre la squadra deve far fronte alla partenza delle loro stelle Johnny Damon, Jason Giambi, e Jason Isringhausen per fine contratto. Il general manager Billy Beane, contrariato dalla sconfitta, si vede negare dalla società un aumento del budget per poter competere con le squadre più ricche. Durante un incontro di mercato con i dirigenti dei Cleveland Indians Beane incontra Peter Brand, un giovane laureato in economia a Yale con idee radicali sul come valutare un giocatore. Assieme formeranno la miglior squadra, e probabilmente la più economica, in competizione nel campionato.
La trama del film è ovviamente quasi biografica, a parte per un paio di inesattezze, quindi non si può certo parlare di “incredibili” colpi di scena, però a suo modo sa essere davvero ben riuscita. A smuovere però la pellicola senza renderla noiosa, sono sicuramente dei dialoghi davvero ben fatti, da cui traspare sempre la frustrazione del protagonista verso un loop, quello delle squadre ricche che “rubano” i giocatori forti alle squadre piccole, dal quale non riesce ad uscire. Un ottimo lavoro di sceneggiatura che rende interessante un film, che avrebbe altrimenti rischiato di diventare noioso.
Gli attori sono stati entrambi candidati all’Oscar. Brad Pitt è fantastico! In ogni scena del film riesce a trasmettere la frustrazione, la rabbia e la sensazione di impotenza che il suo personaggio deve aver provato in quei momenti, e lo fa con una naturalezza incredibile. Jonah Hill è bravissimo! Ci ha abituati a vederlo recitare il ruolo comico, ma qui dimostra di essere un professionista completo, in grado di far benissimo il suo lavoro in ogni contesto. Davvero favoloso.
La regia è affidata a Bennet Miller, già famoso per aver diretto Truman Capote, che anche qui ci regala una regia pulita e ben fatta, in grado di dare vigore ed emozionare con un film biografico sportivo.
Per tirare le somme: una storia interessante, attori fenomenali ed una regia davvero buona, rendono L'ARTE DI VINCERE un ottimo prodotto sul catalogo di Netflix.
Considerazione spiccia: il film, pur essendo stato candidato all’Oscar in categorie importanti come Miglior Film, Miglior Attore Protagonista e Miglior Attore Non Protagonista, in Italia è praticamente sconosciuto non arrivando quasi per nulla nelle sale cinematografiche. Questo perché? Perché il baseball in Italia non è uno sport seguito. Il punto però è che sto film non parla di baseball, ma dell’iniquità nel mondo dello sport causata dal denaro. Con sportivi pagati milioni, le squadre ricche sono avvantaggiate. Chi pratica da professionista uno sport con una certa rilevanza mediatica, può farlo come lavoro e viverci, chi invece è un professionista in sport minori si ritrova a dover lavorare di più pur di potersi permettere il necessario per giocare.
Insomma, non proprio l’equità che la competizione sportiva, di qualunque genere, dovrebbe garantire.
Voto: 4
L’amichevole GM di quartiere.
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