È uscito ieri FIGHT FOR LIFE, 2° libro della serie Romance e Post Apocalittica "Die Love Rise" di Rosa Campanile.
Il romanzo è uno standalone e si può leggere autonomamente, non è necessario aver letto il libro e la novella precedenti.
In occasione di questo Release Blitz vi diamo l'opportunità di leggere in anteprima il primo capitolo del romanzo.
Buona lettura! ;)
Buona lettura! ;)
Genere: Romance - Post Apocalittico
Casa editrice: Self Publishing
Data di Uscita: 30 Ottobre 2017
Prezzo: Ebook € 1.99
Casa editrice: Self Publishing
Data di Uscita: 30 Ottobre 2017
Prezzo: Ebook € 1.99
Sinossi: Intrappolata a Cincinnati con altri sopravvissuti, Natalia Landreaux è disposta a tutto pur di non morire divorata dagli infetti che hanno distrutto la civiltà, anche correre rischi indicibili per trasmettere un ultimo, disperato messaggio d'aiuto. In pericolo non c’è solo la sua vita, ma anche il prezioso lavoro del fratello Edoardo.
La richiesta di soccorso giunge appena in tempo e mette in crisi il genio informatico Joe Collins. La vita di Joe insieme alla sua nuova famiglia nella Città Sicura di Leons Town è tranquilla, quasi perfetta, ma la missione di salvataggio che richiama in campo lui e Panzer dopo un lungo periodo di assenza, rischia di frantumare quel fragile equilibrio a cui tiene tanto. Eppure, nonostante le perplessità, Joe sa qual è la cosa giusta da fare.
Mentre un nemico più pericoloso e scaltro che mai si prepara ad attaccare, ombre del passato minacciano di distruggere la normalità tanto inseguita da Joe e Natalia. Non sarà affatto facile far funzionare la loro strana relazione in un mondo invaso dagli zombie mutanti. Per riuscirci, dovranno solo ricordare che vale sempre la pena combattere per vivere e per amare.
Serie "Die Love Rise"
#1. Die Love Rise
#1,5. Dare to Love
#2. FIGHT FOR LIFE
L'autrice:
Rosa Campanile è una ragazza come tante. Ama follemente la sua famiglia e i suoi due gatti, adora la buona cucina e preparare dolci per le persone che ama. La sua grande passione è la lettura e nel 2014 ha fondato il lit-blog Briciole di Parole, dove parla dei molti libri letti e dei tanti altri che le allungano la wish list. Nel 2016 ha esordito come autrice self con il romance post-apocalittico Die Love Rise, a cui ha fatto seguito la novella Dare to love e il romanzo Fight for life. Senza fare rumore invece, è il primo volume stand-alone della serie contemporary romance Sweet Surrender, di cui sono previsti altri due romanzi in arrivo per il 2018.
NATALIA
12 Aprile 2090 – Cincinnati, Ohio.
«Andiamo, muovitiii…»
Ciò che stavo facendo era di fondamentale
importanza. Cascasse il mondo, dovevo riuscire a inviare il messaggio. In
teoria di trattava di un’operazione semplice, eppure tante cose potevano andare
storte. Con la sfortuna che mi ritrovavo, la connessione online sarebbe saltata
prima che il video fosse caricato completamente o che il contenuto arrivasse a
destinazione. O peggio ancora, potevo essere beccata da un momento all’altro.
Con il ginocchio destro che saltellava
nervosamente su e giù, aspettavo che la barra verde che indicava il caricamento
dell’allegato terminasse di riempirsi, mentre pregavo che filasse tutto liscio.
Gocce di sudore colavano lungo il collo, ed era colpa dell’ansia che mi
attanagliava se mi tremavano i denti, non dell’aria gelata che mi soffiava
sulla pelle.
Controllai l’ora. Mi trovavo nell’unica
sala computer dell’edificio da soli tre minuti. Troppo pochi per connettere il
tablet olografico alla rete, scrivere il messaggio con le coordinate, caricare
il video che avevo preparato settimane fa, inviarlo e cancellare le mie tracce.
Purtroppo, questa era l’unica chance che avevo e se non ce la facevo oggi, non
pensavo avrei avuto una seconda possibilità da sfruttare tanto presto.
Solo quel pomeriggio infatti ero riuscita
a recuperare il pass per poter accedere alla sala server, quello di Johnny
McKee, che per puro caso – e con caso intendevo una confezione di collirio
versata nel suo caffè mattutino – si trovava in infermeria piegato in due per
colpa di una brutta indigestione. Era bastato ispezionare la sua giacca, con la
complicità di Noah ovviamente, per rubare la sua tessera.
Uno scricchiolio diverso dal tipico
ronzare dei computer mi fece sobbalzare nella mia stessa pelle.
Accidenti.
Ti prego, fa’ che non sia lui.
Grazie al cielo l’upload dei dati terminò
prima che mi venisse un infarto, così riuscii a spedire l’equivalente digitale
di un s.o.s. in bottiglia nella vastità del web. Eddie era un genio, aveva un
sacco di interessi e mi aveva insegnato un paio di trucchetti base da aspirante
hacker che, chi l’avrebbe mai detto, mi erano tornati utilissimi, permettendomi
di inviare il mio video messaggio ovunque. Qualsiasi cavolo di dispositivo
collegato online lo avrebbe ricevuto.
Una volta finito, disconnessi il tablet
dal computer che stavo utilizzando senza averne l’autorizzazione, lo ridussi a
una barretta della dimensione di uno snack e lo nascosi nella tasca dei
pantaloni. Cancellai ogni traccia del mio passaggio e un minuto dopo ero fuori
dalla sala – debitamente chiusa a chiave – a passeggiare nel corridoio per
fortuna deserto come se non avessi un solo problema al mondo.
Avrei pure continuato a far finta che
fosse la verità, se non fossi incappata in colui che non volevo incontrare.
«Guarda guarda chi abbiamo qui. La piccola
Natalia.»
Gavin Tursten si avvicinò con un sorrisino
allegro stampato in faccia. Come tutti gli abitanti del complesso, indossava
una maglietta a maniche corte e dei pantaloni neri che ne esaltavano il fisico
longilineo e muscoloso, il suo vanto maggiore oltre all’amatissimo ciuffo di
capelli neri tenuto all’insù. Alla cintura portava appese due pistole
semiautomatiche e un manganello elettronico, oggetti che, a differenza dei
vestiti, non tutti possedevamo purtroppo.
«Tursten.» Lo salutai solo perché dovevo.
Feci per oltrepassarlo, ma per mia sfortuna lui si spostò di lato, bloccandomi
il passaggio. Merda.
Mi sforzai di restare calma. Se avesse
scoperto cosa aveva appena combinato, me l’avrebbe fatta pagare cara, non avevo
dubbi. Dietro la falsa educazione e l’atteggiamento spavaldo di chi sa di
essere in cima alla catena di comando, Gavin Tursten era una iena spietata e
crudele. Se gli lasciavo anche solo intuire che riusciva a intimorirmi (e per
quanto avessi voluto negarlo, ci riusciva eccome), ne avrebbe approfittato alla
grande e io non potevo permettermi di soccombere. La vita era troppo breve per
lasciarsi comandare a bacchetta da un bulletto troppo cresciuto, e comunque,
nel nostro mondo esistevano pericoli peggiori di lui.
«Ehi, ehi, quanta fretta! Perchè non resti
a farmi compagnia?»
«Mi spiace» risposi con il tono più
compassato che mi riusciva di fare. «Noah mi sta aspettando, devo dargli una
mano per l’inventario e sono già in ritardo.»
«Sempre dovere e mai piacere, eh. Che
peccato» replicò Tursten sembrando dispiaciuto. Quasi dispiaciuto. Si accostò
un altro po’ – il concetto di spazio privato non esisteva per lui – tanto che
la punta del suo naso arrivò a un soffio dalla mia guancia. Con la coda
dell’occhio vidi che si leccava le labbra e un brivido di paura mi fece
irrigidire.
Sapevo di piacergli. No, piacergli non era
la parola giusta: lui mi voleva. Desiderava possedermi come si possiede un
oggetto, come l’ennesimo simbolo di uno status quo all’interno della nostra
piccola comunità che solo per lui contava veramente qualcosa. Gavin era
consapevole di non potermi avere, non nello stesso modo in cui aveva avuto Pam
e le altre che erano passate nel suo letto, più o meno volontariamente, e ciò
lo infastidiva parecchio. Ma finché lui e tutti gli altri pensavano che stessi
con Noah, che reggeva il gioco per proteggermi, sarebbe andato tutto bene.
Almeno speravo.
E se quel cavolo di messaggio fosse
arrivato dove doveva arrivare, ero sicura che non saremmo rimasti in questa
claustrofobica prigione ancora a lungo, così non avrei più dovuto preoccuparmi
di Gavin e delle sue occhiate viscide.
«Magari la prossima volta, che ne dici?»
continuò lui, data la mia mancanza di reazioni. «Non riusciamo mai a passare un
po’ di tempo soli io e te…»
Neanche morta. Preferivo mille volte
andare a cena con un mutante, piuttosto che trascorrere di mia spontanea
volontà del tempo con Gavin.
Non diedi una vera risposta alla sua
proposta. «Devo andare.» I suoi occhi neri, che avrebbero potuto essere belli
se non fosse stato per quella scintilla di crudeltà a malapena celata, mi
percorsero avidi e indecenti, soffermandosi con insistenza sul mio seno. «Noah
mi aspetta» ripetei, respirando piano, nel timore che potesse notare il
cordoncino che portavo al collo al momento nascosto sotto la camicia.
«Quello stupido secchione» commentò Gavin
con un mezzo ghigno cattivo. «Prima o poi ti deciderai a stare con un vero
uomo. E ti piacerà così tanto che non potrai farne più a meno.»
Repressi un conato di vomito. «Stai
insinuando che Noah non lo è?» replicai, sbagliando. Accidentaccio a me, perché
gli stavo dando corda?
La mia reazione sembrò divertirlo.
«Piccola», mormorò mentre con l’indice spostava una ciocca dei miei capelli sfuggita
all’elastico, «sappiamo tutt’e due che non è un vero uomo uno a cui piace
succhiare il cazzo.»
Odiavo che mi chiamasse piccola, che fosse
un omofobo di merda e uno stronzo arrogante. Ma più di tutto, odiavo che mi
toccasse.
E pareva che Gavin sapesse che lo
detestavo, ma evidentemente non gliene importava un cazzo.
«Quando sarai pronta per farti scopare
come si deve, bussa alla mia porta.» Mi fece l’occhiolino e, senza aspettare
una risposta, si mise da parte per lasciarmi passare.
Finalmente potei tornare a respirare.
Purtroppo non andai molto lontano che Tursten mi fermò di nuovo.
«Natalia?»
Mi voltai a guardarlo, restando in
silenzio. Cos’altro voleva ancora?
«Per quanto mi piaccia vedere il tuo bel
culetto, non voglio più beccarti a gironzolare in quest’ala. È un’area
riservata, e lo sai benissimo. Potrei non essere gentile, la prossima volta.»
Passò con lentezza il palmo sulla cintura, a ricordarmi che solo uno tra noi
due era armato e privo di scrupoli. «Mi hai capito bene, piccola?»
Annuii una sola volta. Feci un passo
indietro, poi un altro e infine mi voltai per andarmene. Il peso del suo
sguardo dietro la schiena indugiò anche quando ormai ero più che certa che
Gavin non mi stesse guardando.
Camminai piano fino a quando non fui fuori
dall’area server, poi salii spedita al piano dove si trovavano le camere. Sarei
dovuta passare prima in infermeria da Noah, per rimettere a posto il tesserino
di McKee, ma dovevo ricompormi e potevo farlo solo una volta chiusa a chiave
nella sicurezza della nostra stanza.
Ora che non c’era più l’adrenalina a
sostenermi, crollai. La calma che avevo indossato come una maschera si lacerò
di netto, la tensione di quella situazione impossibile esplose e io caddi sul
pavimento rivestito da una moquette spessa e scura. Mi stesi di schiena, con un
palmo aperto sul petto. Cominciai ad ansimare forte intanto che copiose lacrime
mi offuscavano la vista, prima di colare giù verso le tempie, bagnandomi i
capelli.
Inviando quel messaggio d’aiuto avevo
disobbedito agli ordini diretti di Tursten, e non dubitavo neanche per un
istante che l’avermi beccata dove non dovevo essere l’avesse insospettito. Ma
d’altronde, pur sapendo che rischiavo grosso, l’avrei fatto di nuovo. Ancora e
ancora.
Non dovevo temere Gavin, ricordai a me stessa
mentre incameravo grandi boccate d’ossigeno, e sì che avevo paura di tante
cose.
Avevo paura dei mostri là fuori che
avevano spazzato via la civiltà umana.
Avevo paura di stare male. Avevo paura di
non riuscire più a respirare normalmente.
Ma più di tutto, avevo paura di morire
come un topo chiuso in gabbia senza che potessi fare nulla per salvarmi,
circondata da persone che disprezzavano me e la mia famiglia.
Ciao Karin, grazie milleeee *____*
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